QUALI “POSIZIONAMENTI” ASSUMERA’ L’AGENZIA DELLE ENTRATE INNANZI AD UNA “VITA ASSOCIATIVA (ASSEMBLEARE)” SEMPRE MENO PARTECIPATA DALLE PERSONE ASSOCIATE ED INNANZI ALLA “DE-FISCALIZZAZIONE MATEMATICA” DELLE ENTRATE DERIVANTI DALLE 26 ATTIVITA’ DI INTERESSE GENERALE ? – NOTA
|Biella, 12Ott,2022|
Il controverso futuro fiscale degli Enti del Terzo Settore (Ets) continua a mantenere in una condizione di fastidiosa sospensione la relativa Riforma.
Dopo cinque anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo normativo, il pacchetto fiscale “revisionato” sembra aver preso la rotta verso Bruxelles, dove i commissari UE misureranno il suo grado di concorrenzialità nei confronti delle imprese e sentenzieranno.
I motivi che stanno dietro le prolungate fasi di riflessione e riscrittura della norma probabilmente sono svariati.
Sta di fatto che al fine osservatore l’ Agenzia delle Entrate (il braccio operativo del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Mef in materia di imposte e tasse) è apparsa alla stregua del “convitato di pietra” fin da quando la Riforma ha emesso i primi vagiti nel lontano anno 2014. Da far suo il mondo associativo, pur rappresentato sindacalmente al tavolo di lavoro con i funzionari del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, una volta pubblicata la legge nell’ Agosto 2017 ne ha decretato la non ricevibilità circa la parte relativa appunto alla fiscalità.
Ciò scritto, in caso di approvazione in sede europea, si aprirà per il Settore non-profit italiano una nuova èra tributaria, tanto per le associazioni (aderenti o meno alla Riforma) quanto per l’Agenzia delle Entrate. E non solo per mano del legislatore, a sua volta per certi versi scavalcato da tempo dal modo particolare di vivere l’associazionismo da parte dei cittadini, sempre più consolidato nel tessuto sociale.
Uno scenario che sembra sottovalutato dai vari attori in campo e che merita due cenni.
+++
1 – “VITA ASSOCIATIVA DEMOCRATICA”, IL – MAINSTREAM – DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE NEI CONTROLLI SUL SETTORE NON-PROFIT
L’ Istituto nazionale di statistica da tempo invita annualmente il mondo associativo a partecipare al Censimento permanente delle istituzioni non-profit, compilando ed inviando di iniziativa le relative schede .
A scadenza triennale l’Istat elabora e rende pubblico il relativo report di una decina di pagine circa.
Il Sole24ORE del 4 Ottobre trascorso ospita una interessantissima analisi del professore Daniele Marini (docente di Sociologia dei processi economici presso l’Università di Padova) sulle risultanze del report al 31 Dicembre 2019 (triennio 2016/19), aggiornate con alcuni dati successivi non ancòra ufficializzati.
In estrema sintesi a fronte di un incremento del numero di associazioni, a fronte di una sostanziale conferma dei numeri di cittadini italiani “attivi” nel volontariato, nella pratica sportiva presso i club e nell’adesione a corsi didattici e ad eventi culturali, ricreativi e social-politici, si rileva un consolidato disinteresse generalizzato alla partecipazione al funzionamento “interno” degli enti associativi che organizzano e gestiscono tutte quelle attività.
A partire dalla partecipazione al momento istituzionale cardine della vita associativa democratica: le riunioni assembleari. Esse, in linea di massima, sono partecipate dai componenti il consiglio direttivo. Come a dire, nella vita associativa l’ organo volitivo (l’assemblea delle persone associate che impartisce le linee guida) e l’ organo direzionale (il consiglio direttivo che mette in pratica quelle indicazioni) risultano perfettamente sovrapponibili.
Lasciamo al sociologo le spiegazioni di quanto sopra, destinato probabilmente a consolidarsi ed a crescere con il trascorrere del tempo. In questa sede ci preme collegare questa realtà, cominciata negli anni Ottanta, con il fatto che essa da oltre dieci anni costituisce la “stella polare” dell’azione di vigilanza dell’Agenzia delle Entrate sul settore non-profit.
Per la precisione dal 2009, anno in cui per la prima volta nella storia repubblicana l’associazionismo non-profit entra nei programmi triennali di controllo a livello nazionale sulle attività commerciali dei contribuenti (profit).
Al termine del triennio il risultato di quella esperienza resa pubblica dai dirigenti della sede centrale e da quelli di alcune sedi periferiche dell’ Agenzia delle Entrate era in linea con quanto da tempo, in via indiretta, fotografa l’Istat: la celebrazione della “assemblea dei soci” era pratica desueta.
Il vulnus per l’ Agenzia delle Entrate intorno al quale, complici alcuni passi legislativi lacunosi, sostituire il fine ultimo della attività di vigilanza:
– ossia l’accertamento di una attività di impresa lucrativa celata dietro l’architettura giuridica associativa con il conseguente disconoscimento della sua natura non-profit e quindi della sua stessa esistenza, con l’automatico (e più semplice) disconoscimento di qualsiasi forma di agevolazione contabile tributaria in capo all’ente associativo verificato, che tale permane al termine dei controlli, con la conseguenza:
è per le associazioni dotate di solo codice fiscale di vedersi attribuito d’ufficio una posizione iva e la natura commerciale in capo ai corrispettivi derivanti dai soci refrattari alla partecipazione alla vita associativa;
è per le associazioni dotate anche di partita iva, l’inibizione all’applicazione del regime contabile-tributario agevolato ex Legge n. 398/1991.
Insomma, in presenza di vita associativa, quel sodalizio non solo conserverebbe il diritto a godere in modo scorretto delle norme agevolative, ma continuerebbe a celare una impresa lucrativa.
Una situazione paradossale!
Dopo quasi 15 anni, cogliendo l’occasione dell’atteso perfezionamento della Riforma sarebbe opportuno allora che intorno ad un tavolo di concertazione le parti (Agenzia delle Entrate, MinLavoro, Forum del Terzo Settore …) sulla delicata questione cominciassero a dialogare, ad approfondire, a cercare di coniugare il dettato normativo con la realtà delle cose, insomma a trovare il bandolo della matassa, valutando di riportare le lancette del tempo a prima dell’anno 2009 e di ricalibrare le priorità dell’azione di controllo in àmbito tributario.
Una soluzione forse più facile a dirsi che a farsi; ed allora, usando il condizionale, nel medio periodo quella soluzione potrebbe giungere da Bruxelles: nel settore non-profit le attività imprenditoriali riconosciute solo in capo alle cooperative sociali ed a quelle conosciute in àmbito UE come le “non-profit corporation”, delle società di capitali non lucrative dove, di fatto (e di diritto), spesso l’organo volitivo e l’organo direttivo coincidono. Si pensi alle società sportive di capitali non lucrative già operanti dal 2003 in Italia (ssdrl, ssdpa …).
Ritornando al tavolo, un tavolo che parrebbe necessario anche per allenarsi insieme con l’ Agenzia delle Entrate all’ impatto di quella che, in fondo, si avvia a divenire la vera – rivoluzione tributaria – caratterizzante la Riforma del Terzo Settore (si veda punto successivo).
Un tavolo che parrebbe necessario anche per allenarsi insieme con l’ Agenzia delle Entrate all’ impatto di quella che, in fondo, si avvia a divenire la vera – rivoluzione tributaria – caratterizzante la Riforma del Terzo Settore (si veda punto successivo).
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2 – LA “DE-FISCALIZZAZIONE MATEMATICA” DELLE ENTRATE DERIVANTI DALLE 26 ATTIVITA’ DI INTERESSE GENERALE (AIG) SVOLTE DAGLI ENTI DEL TERZO SETTORE
Le dimensioni del numero percentuale (6 o 5) le stabilirà la Commissione UE, ma per il mondo associativo e per l’Agenzia delle Entrate sta per concludersi l’epoca in cui per il godimento delle agevolazioni contabili-tributarie da parte di una associazione non-profit fa fede la sussistenza nella realtà dei fatti di quello che da mezzo secolo rappresenta una sorta di totem del sistema tributario in materia: *non esercizio in via esclusiva o principale di attività commerciali.*
Un’espressione rompicapo, oggetto di variegate interpretazioni “soggettive”, che nel corso di circa mezzo secolo di vigenza ha originato una discreta massa di contenzioso fra Erario e contribuenti.
Cambio di paradigma: se l’ente del Terzo Settore nell’ àmbito dell’esercizio di attività di interesse generale (AIG) inerenti gli attuali 26 campi di azione (vedi art. 5 Decreto Legislativo n. 117/ 2017 – https://www.brocardi.it/codice-terzo-settore/titolo-ii/art5.html ) conseguirà entrate rispettose della percentuale di ricarico applicata sulle uscite annue gestionali dello stesso ente (quelle “complessive” nel testo alla approvazione UE), quelle entrate ai fini fiscali saranno comunque e sempre non imponibili, cioè de-fiscalizzate.
Molto probabilmente, abituati a ragionare in termini di prestazioni di servizi e di cessioni di beni a pagamento a favore di soci e/o a favore di terzi, non ci si rende conto della portata dei nuovi scenari ai quali il mondo associativo e l’Agenzia delle Entrate stanno andando incontro.
Alcuni esempi concreti forse renderanno meglio il concetto. Nel rispetto della percentuale di ricarico, per esempio *saranno de-fiscalizzate*:
le entrate che l’ ETS ricaverà dallo svolgimento di attività di istruzione, educazione e formazione professionale all’interno del percorso scolastico / universitario del cittadino. Nei confronti del cliente scolastico l’ETS emetterà una nota di debito e non più una fattura;
le entrate che l’ ETS ricaverà dalla messa in atto di spettacoli culturali, artistici di interesse sociale. Nei confronti del cliente (pubblico o privato) committente lo spettacolo l’ETS emetterà una nota di debito e non più una fattura; altrettanto de-commercializzato risulterà l’incasso dal pubblico pagante;
le entrate che l’ ETS ricaverà dallo svolgimento di attività di accompagnamento turistico organizzato di interesse sociale, culturale e religioso. Nei confronti del cliente, esempio un tour-operator, l’ETS emetterà una nota di debito e non più una fattura;
le entrate che l’ETS ricaverà dallo svolgimento di attività di alloggio sociale;
le entrate che l’ ETS ricaverà dallo svolgimento di attività di attività sportive dilettantistiche a favore della Pubblica Amministrazione (es. corsi sportivi commissionati da Municipalità, Scuole, …). Nei confronti del cliente l’ETS emetterà una nota di debito e non più una fattura.
Considerato tutto quanto sopra, ora la domanda non appare scontata: l’ Agenzia delle Entrate si sta allenando in vista di questa innovativa configurazione della fiscalità del Terzo Settore?
+++
Grazie di cuore per l’attenzione.
Cordialmente, (cgb)
“La fiscalità a cuore aperto” è una rubrica curata da Carlo Guglielminotti Bianco, consulente tributario Settore non profit
Il Centro Regionale Sportivo Libertas Valle d’Aosta APS è il comitato del Centro Nazionale Sportivo Libertas APS per la Regione Autonoma Valle d’Aosta. Le Associazioni valdostane si rivolgono al nostro comitato per essere sostenute nell’organizzazione delle proprie attività ed avere un aggiornamento continuo sulle norme che riguardano il mondo dell’associazionismo. Per il tramite dell’affiliazione annuale, le Associazioni che si affiliano alla Libertas ottengono una copertura assicurativa idonea per l’Associazione ed i partecipanti ed il riconoscimento della propria attività istituzionale ai fini fiscali.
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Riforma del terzo settore e tempi moderni
QUALI “POSIZIONAMENTI” ASSUMERA’ L’AGENZIA DELLE ENTRATE INNANZI AD UNA “VITA ASSOCIATIVA (ASSEMBLEARE)” SEMPRE MENO PARTECIPATA DALLE PERSONE ASSOCIATE ED INNANZI ALLA “DE-FISCALIZZAZIONE MATEMATICA” DELLE ENTRATE DERIVANTI DALLE 26 ATTIVITA’ DI INTERESSE GENERALE ? – NOTA
|Biella, 12Ott,2022|
Il controverso futuro fiscale degli Enti del Terzo Settore (Ets) continua a mantenere in una condizione di fastidiosa sospensione la relativa Riforma.
Dopo cinque anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo normativo, il pacchetto fiscale “revisionato” sembra aver preso la rotta verso Bruxelles, dove i commissari UE misureranno il suo grado di concorrenzialità nei confronti delle imprese e sentenzieranno.
I motivi che stanno dietro le prolungate fasi di riflessione e riscrittura della norma probabilmente sono svariati.
Sta di fatto che al fine osservatore l’ Agenzia delle Entrate (il braccio operativo del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Mef in materia di imposte e tasse) è apparsa alla stregua del “convitato di pietra” fin da quando la Riforma ha emesso i primi vagiti nel lontano anno 2014. Da far suo il mondo associativo, pur rappresentato sindacalmente al tavolo di lavoro con i funzionari del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, una volta pubblicata la legge nell’ Agosto 2017 ne ha decretato la non ricevibilità circa la parte relativa appunto alla fiscalità.
Ciò scritto, in caso di approvazione in sede europea, si aprirà per il Settore non-profit italiano una nuova èra tributaria, tanto per le associazioni (aderenti o meno alla Riforma) quanto per l’Agenzia delle Entrate. E non solo per mano del legislatore, a sua volta per certi versi scavalcato da tempo dal modo particolare di vivere l’associazionismo da parte dei cittadini, sempre più consolidato nel tessuto sociale.
Uno scenario che sembra sottovalutato dai vari attori in campo e che merita due cenni.
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1 – “VITA ASSOCIATIVA DEMOCRATICA”, IL – MAINSTREAM – DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE NEI CONTROLLI SUL SETTORE NON-PROFIT
L’ Istituto nazionale di statistica da tempo invita annualmente il mondo associativo a partecipare al Censimento permanente delle istituzioni non-profit, compilando ed inviando di iniziativa le relative schede .
A scadenza triennale l’Istat elabora e rende pubblico il relativo report di una decina di pagine circa.
Il Sole24ORE del 4 Ottobre trascorso ospita una interessantissima analisi del professore Daniele Marini (docente di Sociologia dei processi economici presso l’Università di Padova) sulle risultanze del report al 31 Dicembre 2019 (triennio 2016/19), aggiornate con alcuni dati successivi non ancòra ufficializzati.
In estrema sintesi a fronte di un incremento del numero di associazioni, a fronte di una sostanziale conferma dei numeri di cittadini italiani “attivi” nel volontariato, nella pratica sportiva presso i club e nell’adesione a corsi didattici e ad eventi culturali, ricreativi e social-politici, si rileva un consolidato disinteresse generalizzato alla partecipazione al funzionamento “interno” degli enti associativi che organizzano e gestiscono tutte quelle attività.
A partire dalla partecipazione al momento istituzionale cardine della vita associativa democratica: le riunioni assembleari. Esse, in linea di massima, sono partecipate dai componenti il consiglio direttivo. Come a dire, nella vita associativa l’ organo volitivo (l’assemblea delle persone associate che impartisce le linee guida) e l’ organo direzionale (il consiglio direttivo che mette in pratica quelle indicazioni) risultano perfettamente sovrapponibili.
Lasciamo al sociologo le spiegazioni di quanto sopra, destinato probabilmente a consolidarsi ed a crescere con il trascorrere del tempo. In questa sede ci preme collegare questa realtà, cominciata negli anni Ottanta, con il fatto che essa da oltre dieci anni costituisce la “stella polare” dell’azione di vigilanza dell’Agenzia delle Entrate sul settore non-profit.
Per la precisione dal 2009, anno in cui per la prima volta nella storia repubblicana l’associazionismo non-profit entra nei programmi triennali di controllo a livello nazionale sulle attività commerciali dei contribuenti (profit).
Al termine del triennio il risultato di quella esperienza resa pubblica dai dirigenti della sede centrale e da quelli di alcune sedi periferiche dell’ Agenzia delle Entrate era in linea con quanto da tempo, in via indiretta, fotografa l’Istat: la celebrazione della “assemblea dei soci” era pratica desueta.
Il vulnus per l’ Agenzia delle Entrate intorno al quale, complici alcuni passi legislativi lacunosi, sostituire il fine ultimo della attività di vigilanza:
– ossia l’accertamento di una attività di impresa lucrativa celata dietro l’architettura giuridica associativa con il conseguente disconoscimento della sua natura non-profit e quindi della sua stessa esistenza, con l’automatico (e più semplice) disconoscimento di qualsiasi forma di agevolazione contabile tributaria in capo all’ente associativo verificato, che tale permane al termine dei controlli, con la conseguenza:
è per le associazioni dotate di solo codice fiscale di vedersi attribuito d’ufficio una posizione iva e la natura commerciale in capo ai corrispettivi derivanti dai soci refrattari alla partecipazione alla vita associativa;
è per le associazioni dotate anche di partita iva, l’inibizione all’applicazione del regime contabile-tributario agevolato ex Legge n. 398/1991.
Insomma, in presenza di vita associativa, quel sodalizio non solo conserverebbe il diritto a godere in modo scorretto delle norme agevolative, ma continuerebbe a celare una impresa lucrativa.
Una situazione paradossale!
Dopo quasi 15 anni, cogliendo l’occasione dell’atteso perfezionamento della Riforma sarebbe opportuno allora che intorno ad un tavolo di concertazione le parti (Agenzia delle Entrate, MinLavoro, Forum del Terzo Settore …) sulla delicata questione cominciassero a dialogare, ad approfondire, a cercare di coniugare il dettato normativo con la realtà delle cose, insomma a trovare il bandolo della matassa, valutando di riportare le lancette del tempo a prima dell’anno 2009 e di ricalibrare le priorità dell’azione di controllo in àmbito tributario.
Una soluzione forse più facile a dirsi che a farsi; ed allora, usando il condizionale, nel medio periodo quella soluzione potrebbe giungere da Bruxelles: nel settore non-profit le attività imprenditoriali riconosciute solo in capo alle cooperative sociali ed a quelle conosciute in àmbito UE come le “non-profit corporation”, delle società di capitali non lucrative dove, di fatto (e di diritto), spesso l’organo volitivo e l’organo direttivo coincidono. Si pensi alle società sportive di capitali non lucrative già operanti dal 2003 in Italia (ssdrl, ssdpa …).
Ritornando al tavolo, un tavolo che parrebbe necessario anche per allenarsi insieme con l’ Agenzia delle Entrate all’ impatto di quella che, in fondo, si avvia a divenire la vera – rivoluzione tributaria – caratterizzante la Riforma del Terzo Settore (si veda punto successivo).
Un tavolo che parrebbe necessario anche per allenarsi insieme con l’ Agenzia delle Entrate all’ impatto di quella che, in fondo, si avvia a divenire la vera – rivoluzione tributaria – caratterizzante la Riforma del Terzo Settore (si veda punto successivo).
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2 – LA “DE-FISCALIZZAZIONE MATEMATICA” DELLE ENTRATE DERIVANTI DALLE 26 ATTIVITA’ DI INTERESSE GENERALE (AIG) SVOLTE DAGLI ENTI DEL TERZO SETTORE
Le dimensioni del numero percentuale (6 o 5) le stabilirà la Commissione UE, ma per il mondo associativo e per l’Agenzia delle Entrate sta per concludersi l’epoca in cui per il godimento delle agevolazioni contabili-tributarie da parte di una associazione non-profit fa fede la sussistenza nella realtà dei fatti di quello che da mezzo secolo rappresenta una sorta di totem del sistema tributario in materia: *non esercizio in via esclusiva o principale di attività commerciali.*
Un’espressione rompicapo, oggetto di variegate interpretazioni “soggettive”, che nel corso di circa mezzo secolo di vigenza ha originato una discreta massa di contenzioso fra Erario e contribuenti.
Cambio di paradigma: se l’ente del Terzo Settore nell’ àmbito dell’esercizio di attività di interesse generale (AIG) inerenti gli attuali 26 campi di azione (vedi art. 5 Decreto Legislativo n. 117/ 2017 – https://www.brocardi.it/codice-terzo-settore/titolo-ii/art5.html ) conseguirà entrate rispettose della percentuale di ricarico applicata sulle uscite annue gestionali dello stesso ente (quelle “complessive” nel testo alla approvazione UE), quelle entrate ai fini fiscali saranno comunque e sempre non imponibili, cioè de-fiscalizzate.
Molto probabilmente, abituati a ragionare in termini di prestazioni di servizi e di cessioni di beni a pagamento a favore di soci e/o a favore di terzi, non ci si rende conto della portata dei nuovi scenari ai quali il mondo associativo e l’Agenzia delle Entrate stanno andando incontro.
Alcuni esempi concreti forse renderanno meglio il concetto. Nel rispetto della percentuale di ricarico, per esempio *saranno de-fiscalizzate*:
le entrate che l’ ETS ricaverà dallo svolgimento di attività di istruzione, educazione e formazione professionale all’interno del percorso scolastico / universitario del cittadino. Nei confronti del cliente scolastico l’ETS emetterà una nota di debito e non più una fattura;
le entrate che l’ ETS ricaverà dalla messa in atto di spettacoli culturali, artistici di interesse sociale. Nei confronti del cliente (pubblico o privato) committente lo spettacolo l’ETS emetterà una nota di debito e non più una fattura; altrettanto de-commercializzato risulterà l’incasso dal pubblico pagante;
le entrate che l’ ETS ricaverà dallo svolgimento di attività di accompagnamento turistico organizzato di interesse sociale, culturale e religioso. Nei confronti del cliente, esempio un tour-operator, l’ETS emetterà una nota di debito e non più una fattura;
le entrate che l’ETS ricaverà dallo svolgimento di attività di alloggio sociale;
le entrate che l’ ETS ricaverà dallo svolgimento di attività di attività sportive dilettantistiche a favore della Pubblica Amministrazione (es. corsi sportivi commissionati da Municipalità, Scuole, …). Nei confronti del cliente l’ETS emetterà una nota di debito e non più una fattura.
Considerato tutto quanto sopra, ora la domanda non appare scontata: l’ Agenzia delle Entrate si sta allenando in vista di questa innovativa configurazione della fiscalità del Terzo Settore?
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Grazie di cuore per l’attenzione.
Cordialmente, (cgb)
“La fiscalità a cuore aperto” è una rubrica curata da Carlo Guglielminotti Bianco, consulente tributario Settore non profit
Biella, cgbianco@tiscali.it Tel: 3398020654
Il Centro Regionale Sportivo Libertas Valle d’Aosta APS è il comitato del Centro Nazionale Sportivo Libertas APS per la Regione Autonoma Valle d’Aosta. Le Associazioni valdostane si rivolgono al nostro comitato per essere sostenute nell’organizzazione delle proprie attività ed avere un aggiornamento continuo sulle norme che riguardano il mondo dell’associazionismo. Per il tramite dell’affiliazione annuale, le Associazioni che si affiliano alla Libertas ottengono una copertura assicurativa idonea per l’Associazione ed i partecipanti ed il riconoscimento della propria attività istituzionale ai fini fiscali.
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