Il codice del terzo settore (D.Lgs. 117/17) dedica alcuni articoli specifici (articoli 27, 28, 29 e 91) relativi alle responsabilità che vengono assunte dagli amministratori degli enti del terzo settore.
Il primo prevede l’applicabilità dell’articolo 2475 ter cod. civ. al conflitto di interessi degli amministratori.
Pertanto, i contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza dell’ente del terzo settore in conflitto di interessi, possono essere annullati; analogamente le decisioni assunte con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con l’ente, ove cagionino un danno patrimoniale a quest’ultimo, possono essere impugnati nei novanta giorni dagli amministratori, salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede.
L’articolo 28, invece, mette in capo a tutte le figure apicali dell’ente (amministratori, direttori generali, componenti degli organi di controllo, il soggetto incaricato della revisione legale) alcune delle responsabilità che il codice civile pone in capo alle analoghe figure delle società profit nei confronti dell’ente, dei creditori sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi.
Va evidenziata l’assunzione della responsabilità verso la società prevista dall’articolo 2392 cod. civ..
In particolare dovranno adempiere ai doveri imposti dalla legge “con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico” e saranno personalmente solidalmente responsabili verso l’ente dei danni derivanti dalla inosservanza di tali doveri nonché in tutti i casi in cui, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
Tale responsabilità solidale viene meno nel solo e unico caso in cui, immuni da colpa, abbiano fatto annotare nel libro dei verbali il loro dissenso e ne abbiano dato comunicazione al Presidente del Collegio sindacale.
L’eventuale azione è promossa dall’assemblea o dal collegio sindacale e può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione della carica.
Analoga azione, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2393 bis cod. civ., può essere esercitata anche “dai soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale”.
Tutti i commentatori sono univoci nel ritenere che, per gli enti su base associativa, questo quinto dovrà essere riferito al numero complessivo degli associati.
I componenti degli organi direttivi degli enti del terzo settore rispondono personalmente, ai sensi dell’articolo 2394 cod. civ., nei confronti dei creditori sociali “per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale”.
Il diritto al risarcimento del danno spetta anche al singolo socio o al terzo che siano stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori.
Tale forma di responsabilità coinvolge anche i “direttori generali”. Va chiarito che con tale termine non si fa solo riferimento al soggetto che abbia detta qualifica ma a tutti coloro i quali, per disposizione dello statuto o per nomina assembleare, ricoprano figure apicali di direzione all’interno dell’ente, a prescindere dalla qualifica posseduta.
Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2407 cod. civ., le citate forme di responsabilità si estendono ai componenti del collegio sindacale.
Ogni associato, ovvero almeno un decimo in quelle che hanno più di 500 associati, può denunciare i fatti che ritiene censurabili all’organo di controllo.
L’articolo 91 del codice del terzo settore, invece, tipizza alcune sanzioni da porre in capo ai rappresentanti legali e ai componenti degli organi amministrativi degli enti del terzo settore.
Appare sanzionata direttamente in capo agli amministratori la violazione degli obblighi di divieto di distribuzione anche indiretta di utili (sanzione pecuniaria da 5.000 a 20.000 euro); la devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento avvenuta in assenza o in difformità dal parere del competente ufficio del Registro unico nazionale (sanzione da 1.000 a 5.000 euro); l’utilizzo illegittimo degli acronimi Ets, Odv, Aps (sanzione da 2.500 a 10.000 euro). La sanzione è raddoppiata qualora l’illegittimo utilizzo sia finalizzato ad ottenere l’erogazione di denaro o di altre utilità.
Le citate sanzioni sono comminate dall’Ufficio del registro unico nazionale del terzo settore.
Le attività di controllo sull’“adempimento degli obblighi derivanti dall’iscrizione al registro unico nazionale del terzo settore” sono svolte dall’ufficio del Runts territorialmente competente anche attraverso accertamenti documentali, visite ed ispezioni d’iniziativa, periodicamente o in tutti i casi in cui venga a conoscenza di atti o fatti che possano integrare violazioni al codice del terzo settore.
Analogo “potere” è posto in capo alle amministrazioni pubbliche che erogano risorse finanziarie o concedono l’utilizzo di beni immobili oppure dalle reti associative ai quali l’ente aderisce.
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ASD, RUNTS e responsabilità del Presidente
Il codice del terzo settore (D.Lgs. 117/17) dedica alcuni articoli specifici (articoli 27, 28, 29 e 91) relativi alle responsabilità che vengono assunte dagli amministratori degli enti del terzo settore.
Il primo prevede l’applicabilità dell’articolo 2475 ter cod. civ. al conflitto di interessi degli amministratori.
Pertanto, i contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza dell’ente del terzo settore in conflitto di interessi, possono essere annullati; analogamente le decisioni assunte con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con l’ente, ove cagionino un danno patrimoniale a quest’ultimo, possono essere impugnati nei novanta giorni dagli amministratori, salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede.
L’articolo 28, invece, mette in capo a tutte le figure apicali dell’ente (amministratori, direttori generali, componenti degli organi di controllo, il soggetto incaricato della revisione legale) alcune delle responsabilità che il codice civile pone in capo alle analoghe figure delle società profit nei confronti dell’ente, dei creditori sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi.
Va evidenziata l’assunzione della responsabilità verso la società prevista dall’articolo 2392 cod. civ..
In particolare dovranno adempiere ai doveri imposti dalla legge “con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico” e saranno personalmente solidalmente responsabili verso l’ente dei danni derivanti dalla inosservanza di tali doveri nonché in tutti i casi in cui, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
Tale responsabilità solidale viene meno nel solo e unico caso in cui, immuni da colpa, abbiano fatto annotare nel libro dei verbali il loro dissenso e ne abbiano dato comunicazione al Presidente del Collegio sindacale.
L’eventuale azione è promossa dall’assemblea o dal collegio sindacale e può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione della carica.
Analoga azione, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2393 bis cod. civ., può essere esercitata anche “dai soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale”.
Tutti i commentatori sono univoci nel ritenere che, per gli enti su base associativa, questo quinto dovrà essere riferito al numero complessivo degli associati.
I componenti degli organi direttivi degli enti del terzo settore rispondono personalmente, ai sensi dell’articolo 2394 cod. civ., nei confronti dei creditori sociali “per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale”.
Il diritto al risarcimento del danno spetta anche al singolo socio o al terzo che siano stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori.
Tale forma di responsabilità coinvolge anche i “direttori generali”. Va chiarito che con tale termine non si fa solo riferimento al soggetto che abbia detta qualifica ma a tutti coloro i quali, per disposizione dello statuto o per nomina assembleare, ricoprano figure apicali di direzione all’interno dell’ente, a prescindere dalla qualifica posseduta.
Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2407 cod. civ., le citate forme di responsabilità si estendono ai componenti del collegio sindacale.
Ogni associato, ovvero almeno un decimo in quelle che hanno più di 500 associati, può denunciare i fatti che ritiene censurabili all’organo di controllo.
L’articolo 91 del codice del terzo settore, invece, tipizza alcune sanzioni da porre in capo ai rappresentanti legali e ai componenti degli organi amministrativi degli enti del terzo settore.
Appare sanzionata direttamente in capo agli amministratori la violazione degli obblighi di divieto di distribuzione anche indiretta di utili (sanzione pecuniaria da 5.000 a 20.000 euro); la devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento avvenuta in assenza o in difformità dal parere del competente ufficio del Registro unico nazionale (sanzione da 1.000 a 5.000 euro); l’utilizzo illegittimo degli acronimi Ets, Odv, Aps (sanzione da 2.500 a 10.000 euro). La sanzione è raddoppiata qualora l’illegittimo utilizzo sia finalizzato ad ottenere l’erogazione di denaro o di altre utilità.
Le citate sanzioni sono comminate dall’Ufficio del registro unico nazionale del terzo settore.
Le attività di controllo sull’“adempimento degli obblighi derivanti dall’iscrizione al registro unico nazionale del terzo settore” sono svolte dall’ufficio del Runts territorialmente competente anche attraverso accertamenti documentali, visite ed ispezioni d’iniziativa, periodicamente o in tutti i casi in cui venga a conoscenza di atti o fatti che possano integrare violazioni al codice del terzo settore.
Analogo “potere” è posto in capo alle amministrazioni pubbliche che erogano risorse finanziarie o concedono l’utilizzo di beni immobili oppure dalle reti associative ai quali l’ente aderisce.
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