Il D.Lgs. 36/2021, pubblicato nella G.U. n. 67 del 18.03.2021, i cui effetti decorreranno dal prossimo 1° gennaio, innova in maniera decisiva la disciplina delle società di capitali sportive dilettantistiche fino ad oggi disciplinate dall’articolo 90 L. 289/2002, che sarà abrogato con il dispiegarsi degli effetti del nuovo decreto.
Mentre la possibilità di costituire società sportive di persone, prevista oggi nel testo ufficiale, sarà probabilmente eliminata con l’entrata in vigore di un decreto correttivo attualmente in fase di approvazione (secondo le prime indiscrezioni), le novità maggiormente caratterizzanti la nuova società sportiva di capitali, previste in particolare ai commi 3 e 4 dell’articolo 8, risulteranno confermate anche dalla novella di imminente diffusione.
Creando un parallelo uniforme con quanto già riportato all’articolo 3, comma 3, D.Lgs. 112/2017in materia di impresa sociale, viene prevista, per le Ssd, la possibilità di destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili “e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti”:
1- ad aumento gratuito del capitale sottoscritto e versato dai soci nei limiti dell’indice Istat di incremento dei prezzi al consumo nell’esercizio sociale in cui gli utili sono stati prodotti
2 – alla distribuzione, anche attraverso l’emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.
Viene inoltre riconosciuta la possibilità del rimborso al socio del capitale effettivamente versato ed eventualmente rivalutato o aumentato nei limiti sopra indicati.
Si conferma in via legislativa quanto l’Agenzia delle entrate, in via interpretativa, aveva già indicato nella propriacircolare 18/2018, ossia che per le Ssd valgono esclusivamente le previsioni del codice civile e, pertanto, diversamente dalle associazioni, non le stesse non sono tenute al rispetto statutario dei principi di democrazia e di uguaglianza di diritti tra tutti gli associati.
È comunque previsto (articolo 7, comma 1, lett. b) che l’oggetto sociale faccia specifico riferimento all’esercizio “in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi compresa la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza alla attività sportiva dilettantistica”.
Eventuali attività diverse (articolo 9) potranno essere esercitate soltanto a condizione che lo statuto lo consenta e che abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali e siano alle stesse strettamente connesse nei limiti di un emanando decreto interministeriale (ricordiamo che analogo principio vige nella riforma del Terzo settore e in quell’ambito il decreto, già emanato, prevede che i proventi da attività diverse non possano essere superiori al trenta per cento dei ricavi complessivi dell’ente o al sessantasei per cento dei costi).
Preoccupa l’indicazione, presente già nella rubrica dell’articolo, che detti proventi debbano essere secondari e strumentali nonché il rapporto di connessione che viene indicato come obbligatorio dalla norma.
Ci si augura che questa previsione non escluda proventi palesemente non connessi (si pensi ad esempio ad una Ssd che gestisca una palestra con un reparto di estetica) e che la linea di confine tra le attività “diverse” consentite e le attività “diverse”non consentite sia tracciata in termini esclusivamente quantitativi.
Appare necessario verificare un altro passaggio. L’attuale previsione del comma 18 del citato articolo 90, in materia di oggetto sociale, richiama l’“organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica per l’avvio, l’aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive”.
Il decreto introduce il nuovo termine “gestione” (“organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche”). Questo porterebbe a ritenere che le Ssd che si limitassero, ad esempio, a gestire un impianto sportivo “locando” gli spazi attrezzati ai vari fruitori ma senza gestire direttamente attività riconosciute come sportive (il riferimento potrebbe essere a quelle palestre dove si svolgono esclusivamente attività motorie) potrebbero essere illegittime.
Viene confermato, facendo salvo quanto già sopra indicato, il divieto di distribuzione indiretta di utili. Per la definizione di questa fattispecie si fa espresso richiamo alla norma contenuta nell’articolo 3, commi 2 e 2 bis, D.Lgs. 112/2017.
Viene considerata distribuzione indiretta di utilivietata:
– la corresponsione ai componenti degli organi sociali di compensi “individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze”,
– i pagamenti ai dipendenti e ai professionisti, se superiori del quaranta per cento rispetto a quanto previsto per le medesime qualifiche dai contratti collettivi,
– la remunerazione di strumenti finanziari in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per la distribuzione di dividendi,
– l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi superiori al loro valore normale o a condizioni più favorevoli di quelle di mercato.
Fino a questo punto abbiamo analizzato come gli aspetti “civilistici” delle nuove società sportive dilettantistiche per come sono disegnate dalla riforma dello sport, appare necessario ora verificare quali possano essere le conseguenze sotto il profilo fiscale.
Ciò sul presupposto che la parziale distribuzione di utili autorizzata dalla legge potrebbe avere effetto anche sulla disciplina fiscale sino ad oggi applicata dalle società sportive dilettantistiche di capitale.
In via preliminare chiariamo che la distribuzione parziale di utili viene indicata dalla riforma dello sport come una opzione possibile (“gli enti dilettantistici possono destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili ….”).
Pertanto, nel caso in cui questa possibilità venisse espressamente esclusa in statuto, ovviamente cadrebbero tutte le considerazioni seguenti che sono riservate, invece, a quelle società di capitali sportive che intenderanno usufruire di questa opportunità.
La prima norma da esaminare è la possibilità di continuare ad applicare la L. 398/1991.
Questa norma, nata esclusivamente per le associazioni sportive dilettantistiche, ha visto la sua applicazione anche alle società in virtù di quanto previsto dall’articolo 90 Legge 27 dicembre 2002, n. 289 che rimarrà in vigore anche successivamente alla entrata in vigore del D.Lgs. 36/2021.
Ora sia l’articolo 1 L. 398/1991, che fa espresso riferimento alle associazioni sportive “senza scopo di lucro”, che l’articolo 90 Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (“società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro”) sembrerebbero escludere la possibilità di continuare ad applicare, in presenza di distribuzione di utili, la legge in esame.
È pur vero che l’articolo 8, comma 1 (che, ricordiamo rubrica “Assenza di fine di lucro”), indicano che le società sportive debbano destinare “eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio” ma il comma 3 (i cui contenuti sono stati descritti nella parte iniziale) appare come un’eccezione (o, se si preferisce, una deroga) al principio e, pertanto, escluderebbe la possibilità di applicare la L. 398/1991.
Ad analoga conclusione si dovrà arrivare facendo riferimento a due altre norme di uso comune da parte delle Ssd.
Ci riferiamo all’articolo 148, comma 3, Tuir ai fini delle imposte sui redditi, e l’articolo 4, comma 4 ai fini Iva sulla decommercializzazione dei corrispettivi specifici.
Questo perché entrambe le norme vincolano la loro applicazione al “divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve, o capitale”.
Conferma alla tesi della non applicabilità di dette norme alle Ssd che avessero scelto la possibilità di una distribuzione parziale di utili si ricava anche dalla previsione dell’articolo 36, comma 3, D.Lgs. 36/2021, laddove, nel prevedere l’assoggettamento ad Iva dei corrispettivi per la cessione dei contratti degli atleti, specifica che ai fini dei redditi si potrà applicare l’articolo 148 solo per le società e associazioni sportive dilettantistiche “senza fini di lucro”.
L’inciso, che non è presente in altri passaggi del decreto in cui si fa riferimento ai sodalizi sportivi appare conferma della non applicabilità dell’articolo 148 Tuiralle Ssd con distribuzione di utili.
Chiarito questo non vi sono, invece, dubbi che tutte le Ssd, ivi comprese quelle “parzialmente lucrative”, potranno e dovranno applicare la nuova disciplina sul lavoro sportivo dilettantistico, nonché la disposizione di cui all’articolo 12 del citato D.Lgs. 36/2021laddove si prevede l’inapplicabilità della ritenuta di cui all’articolo 28 D.P.R. 600/1973sui contributi erogati dal Coni e dagli enti affilianti (ricordando che l’esonero da ritenuta non fa perdere la natura di componente positiva di reddito del contributo per le Ssd); l’imposta di registro in misura fissa per gli atti costitutivi e di trasformazione; la presunta natura di spesa pubblicitaria dei corrispettivi per sponsorizzazione fino a euro 200.000; l’esenzione da Iva sulle somme versate a titolo di premio di addestramento e formazione tecnica.
La nostra società sportiva di capitale potrà comunque sempre godere delle rimanenti agevolazioni previste per il mondo dello sport dilettantistico che proviamo a riassumere:
– esclusione da imposta sulla pubblicità della cartellonistica collocata all’interno di Impianti con capienza non superiore a 3.000 posti;
– esclusione dall’applicazione della tassa sul bollo e sulle concessioni governative;
– detrazioni dall’imposta per contributi erogati fino ad un massimo di euro 1.500. L’articolo 15, comma 1, lett. i-ter consente la detrazione del 19% dei contributi erogati da persone fisiche ad associazioni sportive dilettantistiche fino ad un massimo di euro 1.500 annui;
– detrazione del 19% delle spese di iscrizione ai corsi fino a euro 210 annui;
Utilizziamo i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Proseguendo o chiudendo questo banner accetti le condizioni di questo sito.OkPrivacy policy
La riforma dello sport e le SSDrl
Il D.Lgs. 36/2021, pubblicato nella G.U. n. 67 del 18.03.2021, i cui effetti decorreranno dal prossimo 1° gennaio, innova in maniera decisiva la disciplina delle società di capitali sportive dilettantistiche fino ad oggi disciplinate dall’articolo 90 L. 289/2002, che sarà abrogato con il dispiegarsi degli effetti del nuovo decreto.
Mentre la possibilità di costituire società sportive di persone, prevista oggi nel testo ufficiale, sarà probabilmente eliminata con l’entrata in vigore di un decreto correttivo attualmente in fase di approvazione (secondo le prime indiscrezioni), le novità maggiormente caratterizzanti la nuova società sportiva di capitali, previste in particolare ai commi 3 e 4 dell’articolo 8, risulteranno confermate anche dalla novella di imminente diffusione.
Creando un parallelo uniforme con quanto già riportato all’articolo 3, comma 3, D.Lgs. 112/2017in materia di impresa sociale, viene prevista, per le Ssd, la possibilità di destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili “e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti”:
Viene inoltre riconosciuta la possibilità del rimborso al socio del capitale effettivamente versato ed eventualmente rivalutato o aumentato nei limiti sopra indicati.
Si conferma in via legislativa quanto l’Agenzia delle entrate, in via interpretativa, aveva già indicato nella propriacircolare 18/2018, ossia che per le Ssd valgono esclusivamente le previsioni del codice civile e, pertanto, diversamente dalle associazioni, non le stesse non sono tenute al rispetto statutario dei principi di democrazia e di uguaglianza di diritti tra tutti gli associati.
È comunque previsto (articolo 7, comma 1, lett. b) che l’oggetto sociale faccia specifico riferimento all’esercizio “in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi compresa la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza alla attività sportiva dilettantistica”.
Eventuali attività diverse (articolo 9) potranno essere esercitate soltanto a condizione che lo statuto lo consenta e che abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali e siano alle stesse strettamente connesse nei limiti di un emanando decreto interministeriale (ricordiamo che analogo principio vige nella riforma del Terzo settore e in quell’ambito il decreto, già emanato, prevede che i proventi da attività diverse non possano essere superiori al trenta per cento dei ricavi complessivi dell’ente o al sessantasei per cento dei costi).
Preoccupa l’indicazione, presente già nella rubrica dell’articolo, che detti proventi debbano essere secondari e strumentali nonché il rapporto di connessione che viene indicato come obbligatorio dalla norma.
Ci si augura che questa previsione non escluda proventi palesemente non connessi (si pensi ad esempio ad una Ssd che gestisca una palestra con un reparto di estetica) e che la linea di confine tra le attività “diverse” consentite e le attività “diverse” non consentite sia tracciata in termini esclusivamente quantitativi.
Appare necessario verificare un altro passaggio. L’attuale previsione del comma 18 del citato articolo 90, in materia di oggetto sociale, richiama l’“organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica per l’avvio, l’aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive”.
Il decreto introduce il nuovo termine “gestione” (“organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche”). Questo porterebbe a ritenere che le Ssd che si limitassero, ad esempio, a gestire un impianto sportivo “locando” gli spazi attrezzati ai vari fruitori ma senza gestire direttamente attività riconosciute come sportive (il riferimento potrebbe essere a quelle palestre dove si svolgono esclusivamente attività motorie) potrebbero essere illegittime.
Viene confermato, facendo salvo quanto già sopra indicato, il divieto di distribuzione indiretta di utili. Per la definizione di questa fattispecie si fa espresso richiamo alla norma contenuta nell’articolo 3, commi 2 e 2 bis, D.Lgs. 112/2017.
Viene considerata distribuzione indiretta di utili vietata:
Fino a questo punto abbiamo analizzato come gli aspetti “civilistici” delle nuove società sportive dilettantistiche per come sono disegnate dalla riforma dello sport, appare necessario ora verificare quali possano essere le conseguenze sotto il profilo fiscale.
Ciò sul presupposto che la parziale distribuzione di utili autorizzata dalla legge potrebbe avere effetto anche sulla disciplina fiscale sino ad oggi applicata dalle società sportive dilettantistiche di capitale.
In via preliminare chiariamo che la distribuzione parziale di utili viene indicata dalla riforma dello sport come una opzione possibile (“gli enti dilettantistici possono destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili ….”).
Pertanto, nel caso in cui questa possibilità venisse espressamente esclusa in statuto, ovviamente cadrebbero tutte le considerazioni seguenti che sono riservate, invece, a quelle società di capitali sportive che intenderanno usufruire di questa opportunità.
La prima norma da esaminare è la possibilità di continuare ad applicare la L. 398/1991.
Questa norma, nata esclusivamente per le associazioni sportive dilettantistiche, ha visto la sua applicazione anche alle società in virtù di quanto previsto dall’articolo 90 Legge 27 dicembre 2002, n. 289 che rimarrà in vigore anche successivamente alla entrata in vigore del D.Lgs. 36/2021.
Ora sia l’articolo 1 L. 398/1991, che fa espresso riferimento alle associazioni sportive “senza scopo di lucro”, che l’articolo 90 Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (“società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro”) sembrerebbero escludere la possibilità di continuare ad applicare, in presenza di distribuzione di utili, la legge in esame.
È pur vero che l’articolo 8, comma 1 (che, ricordiamo rubrica “Assenza di fine di lucro”), indicano che le società sportive debbano destinare “eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio” ma il comma 3 (i cui contenuti sono stati descritti nella parte iniziale) appare come un’eccezione (o, se si preferisce, una deroga) al principio e, pertanto, escluderebbe la possibilità di applicare la L. 398/1991.
Ad analoga conclusione si dovrà arrivare facendo riferimento a due altre norme di uso comune da parte delle Ssd.
Ci riferiamo all’articolo 148, comma 3, Tuir ai fini delle imposte sui redditi, e l’articolo 4, comma 4 ai fini Iva sulla decommercializzazione dei corrispettivi specifici.
Questo perché entrambe le norme vincolano la loro applicazione al “divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve, o capitale”.
Conferma alla tesi della non applicabilità di dette norme alle Ssd che avessero scelto la possibilità di una distribuzione parziale di utili si ricava anche dalla previsione dell’articolo 36, comma 3, D.Lgs. 36/2021, laddove, nel prevedere l’assoggettamento ad Iva dei corrispettivi per la cessione dei contratti degli atleti, specifica che ai fini dei redditi si potrà applicare l’articolo 148 solo per le società e associazioni sportive dilettantistiche “senza fini di lucro”.
L’inciso, che non è presente in altri passaggi del decreto in cui si fa riferimento ai sodalizi sportivi appare conferma della non applicabilità dell’articolo 148 Tuir alle Ssd con distribuzione di utili.
Chiarito questo non vi sono, invece, dubbi che tutte le Ssd, ivi comprese quelle “parzialmente lucrative”, potranno e dovranno applicare la nuova disciplina sul lavoro sportivo dilettantistico, nonché la disposizione di cui all’articolo 12 del citato D.Lgs. 36/2021 laddove si prevede l’inapplicabilità della ritenuta di cui all’articolo 28 D.P.R. 600/1973 sui contributi erogati dal Coni e dagli enti affilianti (ricordando che l’esonero da ritenuta non fa perdere la natura di componente positiva di reddito del contributo per le Ssd); l’imposta di registro in misura fissa per gli atti costitutivi e di trasformazione; la presunta natura di spesa pubblicitaria dei corrispettivi per sponsorizzazione fino a euro 200.000; l’esenzione da Iva sulle somme versate a titolo di premio di addestramento e formazione tecnica.
La nostra società sportiva di capitale potrà comunque sempre godere delle rimanenti agevolazioni previste per il mondo dello sport dilettantistico che proviamo a riassumere:
Categorie Notizie