L’associazione non riconosciuta, qualora cessi la propria attività, a differenza di quella riconosciuta, si estingue immediatamente, ipso facto, con il verificarsi di una delle cause di estinzione e la liquidazione si attua secondo le modalità stabilite dallo statuto o dall’assemblea.
L’ente, quindi, perde la propria capacità giuridica e processuale, sul piano della legittimazione tanto attiva, quanto passiva.
Parimenti, in conseguenza dell’evento estintivo, viene altresì ad interrompersi qualsivoglia rapporto di rappresentanza organica tra l’ex rappresentante e/o associato e l’ente “cessato”.
D’altro canto, però, deve escludersi che l’estinzione dell’ente debitore determini la sparizione dei debiti insoddisfatti che i terzi vantavano nei suoi confronti, dal momento che l’estinzione dell’ente collettivo non comporta la cessazione della materia del contendere nei giudizi contro di esso pendenti per l’accertamento di debiti sociali ancora insoddisfatti.
Venendo meno la sua legittimazione passiva, giammai l’ente potrà essere destinatario della notificazione di un atto impositivo e, pertanto, il provvedimento amministrativo che dovesse essere notificato al soggetto estinto sarà inesistente, in quanto non si sarà mai perfezionata la sua procedura di notificazione.
Ci si chiede, dunque, se una pretesa fiscale possa essere legittimamente fatta valere nei confronti degli ex associati e, in particolare, dell’ultimo rappresentante legale dell’associazione stessa.
A tal riguardo, l’articolo 38 cod. civ. stabilisce che, per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune e delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.
La Cassazione ha voluto cristallizzare il principio secondo il quale, nelle associazioni non riconosciute, la responsabilità personale e solidale, prevista dall’articolo 38 cod. civ., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione, non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto, con la conseguenza che chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione (cfr., Cassazione, ordinanza n. 12473 del 17.06.2015).
Detto in altri termini, ai fini della responsabilità del rappresentante di un’associazione non riconosciuta, non rileva la carica rivestita al momento dei fatti, bensì l’attività negoziale posta in essere e la circostanza che i terzi abbiano fatto affidamento sulla sua solvibilità e sul suo patrimonio.
Quindi, per affermare la responsabilità personale e solidale del rappresentante legale di un’associazione non riconosciuta, da parte dell’ente impositore, occorre accertare l’avvenuto svolgimento di atti concreti di gestione e di definizione dei rapporti tributari (cfr., Cassazione civile, sez. trib., sentenza n. 16344 del 17.06.2008; Cassazione civile, sentenza n. 19488 del 10.09.2009).
Sul piano processuale, posta l’insufficienza della sola prova della carica rivestita da un soggetto all’interno dell’ente, l’onere della prova dell’effettivo compimento di atti di gestione incombe sull’ente impositore.
Infatti, chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (cfr., Corte di Cassazione, sentenza n. 19486 del 10.09.2009).
Sulla base di tutto quanto sopra evidenziato, ne deriva che, nel caso in cui un’associazione non riconosciuta sia già cessata al momento dell’avvio della verifica fiscale, è valido l’avviso di accertamento intestato all’associazione o all’ex legale rappresentante, trattandosi di soggetto responsabile in solido ex articolo 38 cod. civ. e al quale l’atto deve essere notificato.
Tale conclusione risulta avvalorata dalla stessa Corte di Cassazione, la quale, con ordinanza n. 25451 del 21.09.2021, ha chiarito che, in caso di estinzione dell’associazione non riconosciuta, la pretesa può legittimamente essere fatta valere nei confronti di coloro che “hanno agito in nome e per conto dell’associazione” e, dunque, nei confronti, in particolare, dell’“ultimo” legale rappresentante della associazione stessa, destinatario di una obbligazione personale e solidale.
In tale pronuncia è stato infatti precisato che la pretesa può essere legittimamente fatta valere, una volta estinta l’associazione non riconosciuta, direttamente nei confronti dell’ex legale rappresentante, al quale l’atto, pur se intestato all’associazione, deve essere notificato. «Tale soggetto – ha affermato la Corte – può essere destinatario della pretesa e dell’avviso sotto la duplice veste di responsabile diretto e solidale e, in via successoria, di ex legale rappresentante dell’associazione stessa».
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L’ Accertamento fiscale per un’associazione non riconosciuta già estinta
L’associazione non riconosciuta, qualora cessi la propria attività, a differenza di quella riconosciuta, si estingue immediatamente, ipso facto, con il verificarsi di una delle cause di estinzione e la liquidazione si attua secondo le modalità stabilite dallo statuto o dall’assemblea.
L’ente, quindi, perde la propria capacità giuridica e processuale, sul piano della legittimazione tanto attiva, quanto passiva.
Parimenti, in conseguenza dell’evento estintivo, viene altresì ad interrompersi qualsivoglia rapporto di rappresentanza organica tra l’ex rappresentante e/o associato e l’ente “cessato”.
D’altro canto, però, deve escludersi che l’estinzione dell’ente debitore determini la sparizione dei debiti insoddisfatti che i terzi vantavano nei suoi confronti, dal momento che l’estinzione dell’ente collettivo non comporta la cessazione della materia del contendere nei giudizi contro di esso pendenti per l’accertamento di debiti sociali ancora insoddisfatti.
Venendo meno la sua legittimazione passiva, giammai l’ente potrà essere destinatario della notificazione di un atto impositivo e, pertanto, il provvedimento amministrativo che dovesse essere notificato al soggetto estinto sarà inesistente, in quanto non si sarà mai perfezionata la sua procedura di notificazione.
Ci si chiede, dunque, se una pretesa fiscale possa essere legittimamente fatta valere nei confronti degli ex associati e, in particolare, dell’ultimo rappresentante legale dell’associazione stessa.
A tal riguardo, l’articolo 38 cod. civ. stabilisce che, per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune e delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.
La Cassazione ha voluto cristallizzare il principio secondo il quale, nelle associazioni non riconosciute, la responsabilità personale e solidale, prevista dall’articolo 38 cod. civ., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione, non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto, con la conseguenza che chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione (cfr., Cassazione, ordinanza n. 12473 del 17.06.2015).
Detto in altri termini, ai fini della responsabilità del rappresentante di un’associazione non riconosciuta, non rileva la carica rivestita al momento dei fatti, bensì l’attività negoziale posta in essere e la circostanza che i terzi abbiano fatto affidamento sulla sua solvibilità e sul suo patrimonio.
Quindi, per affermare la responsabilità personale e solidale del rappresentante legale di un’associazione non riconosciuta, da parte dell’ente impositore, occorre accertare l’avvenuto svolgimento di atti concreti di gestione e di definizione dei rapporti tributari (cfr., Cassazione civile, sez. trib., sentenza n. 16344 del 17.06.2008; Cassazione civile, sentenza n. 19488 del 10.09.2009).
Sul piano processuale, posta l’insufficienza della sola prova della carica rivestita da un soggetto all’interno dell’ente, l’onere della prova dell’effettivo compimento di atti di gestione incombe sull’ente impositore.
Infatti, chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (cfr., Corte di Cassazione, sentenza n. 19486 del 10.09.2009).
Sulla base di tutto quanto sopra evidenziato, ne deriva che, nel caso in cui un’associazione non riconosciuta sia già cessata al momento dell’avvio della verifica fiscale, è valido l’avviso di accertamento intestato all’associazione o all’ex legale rappresentante, trattandosi di soggetto responsabile in solido ex articolo 38 cod. civ. e al quale l’atto deve essere notificato.
Tale conclusione risulta avvalorata dalla stessa Corte di Cassazione, la quale, con ordinanza n. 25451 del 21.09.2021, ha chiarito che, in caso di estinzione dell’associazione non riconosciuta, la pretesa può legittimamente essere fatta valere nei confronti di coloro che “hanno agito in nome e per conto dell’associazione” e, dunque, nei confronti, in particolare, dell’“ultimo” legale rappresentante della associazione stessa, destinatario di una obbligazione personale e solidale.
In tale pronuncia è stato infatti precisato che la pretesa può essere legittimamente fatta valere, una volta estinta l’associazione non riconosciuta, direttamente nei confronti dell’ex legale rappresentante, al quale l’atto, pur se intestato all’associazione, deve essere notificato. «Tale soggetto – ha affermato la Corte – può essere destinatario della pretesa e dell’avviso sotto la duplice veste di responsabile diretto e solidale e, in via successoria, di ex legale rappresentante dell’associazione stessa».
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